Debutta al Teatro Biondo di Palermo “Pictures” con Silvia Ajelli

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©ivan nocera per teatro di napoli

Debutta mercoledì 8 marzo, alle ore 21 nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo Pictures”, tratto da alcuni racconti di Katherine Mansfield adattati e interpretati da Silvia Ajelli con la regia di Luca Bargagna. Le scene e luci sono di Angelo Linzalata, i costumi di Luciana Donadio. Repliche fino al 12 marzo.

Nella giornata internazionale della donna, l’attrice Silvia Ajelli rende omaggio alla scrittrice e poetessa neozelandese, di cui quest’anno ricorre il centenario della morte, con uno spettacolo, prodotto dal Teatro di Napoli, che apre idealmente le porte dell’albergo di cui Mansfield si sente concierge, per far vivere alcuni dei personaggi creati dalla scrittrice, nei quali lei stessa sembra rispecchiarsi: Ada Moss, cantante in cerca di una scrittura, protagonista del racconto che dà il titolo allo spettacolo; la giovane Edna di Prendendo il velo, che dopo una serata a teatro, immagina di vivere nel ruolo della fanciulla perduta per amore; Miss Brill, l’insegnante che passa la domenica al giardino pubblico immaginandosi interprete di un grande spettacolo; e infine la donna del racconto Il canarino, la cui voce è forse quella della scrittrice ingabbiata dalla malattia, ma decisa a cantare il suo amore per la vita fino alla fine.

Sono donne di età diverse, colte come in istantanee, ma in tutte aleggia in trasparenza anche la figura dell’autrice con la sua inconfondibile voce. E poiché è impossibile tenere separati i racconti di Katherine Mansfield dalla sua tragica vita, fanno parte del testo anche alcuni brani dal Quaderno di appunti, dai Diari e dalle Lettere. Dall’insieme di questi brani e racconti si apre un piccolo squarcio nel vasto mondo narrativo della scrittrice, per far vivere i personaggi da lei creati, rispettando la dimensione narrativa della sua scrittura, ma facendone anche scaturire la dimensione teatrale.

©ivan nocera per teatro di napoli

note di regia

Katherine Mansfield aveva la sensazione che la vita le sfuggisse dalle mani, probabilmente la scrittura alimentava questo suo desiderio impossibile di fermarla in una immagine. In molti dei suoi racconti, attraverso questo procedere per immagini sempre più precise, affiora l’essenza di un dettaglio, come un piccolo argine di bellezza e verità, un’epifania fulminante, subito travolta dalla tempesta del vivere. Katherine Mansfield prova a scrivere del mondo, racconti brevi, istantanee, che inquadrano le emozioni più diverse di una umanità variegata.  

Questa estenuante necessità della scrittura sembra quasi generare un interminabile duello col mondo, portando spesso la Mansfield a superare i limiti della lingua, consentendole, anche attraverso questo sforzo, di creare un’inquadratura perfetta e nuova da cui guardare le cose. La scrittrice non si stanca mai di ascoltare e guardare, continuamente affascinata dalla vita che scorre accanto a lei, e come uno dei suoi meravigliosi personaggi “si siede un attimo nella vita degli altri”, ed è proprio in quell’attimo che si nasconde la bellezza della sua arte.

©ivan nocera per teatro di napoli

Attraverso questo spettacolo, tentiamo la sfida di mettere in scena alcuni racconti della Mansfield, quasi un romanzo di formazione di un’anima, muovendoci sul sottile confine tra la parola scritta e quella agita. La scrittura di Katherine Mansfield diviene motore del lavoro teatrale, materia viva che nutre l’azione attoriale, in una costante ricerca delle possibilità recitative che questa lingua offre. Una lingua perfetta e difficile, lontana da una scrittura teatrale, ma espressione urgente e necessaria del senso delle cose. La scrittura è per l’autrice il significato stesso della vita, è ricerca spasmodica di esprimere ciò che accade nel mondo e dentro di noi, è la creazione di immagini tanto vivide da superare la frustrazione del non riuscire a descrivere tutto. Come avrebbe scritto David Foster Wallace, molti anni dopo, nel racconto Caro vecchio neon: “Quello che avviene dentro è troppo veloce, immenso e interconnesso e alle parole non rimane che limitarsi a tratteggiarne ogni istante a grandi linee al massimo, una piccola parte”. Luca Bargagna

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